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melò travestito da noir
La sconosciuta
di Giuseppe Tornatore
Italia, 2006
Produzione Medusa, Miramax
1h25 |
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Giuseppe Tornatore "sa girare", è un bravo artigiano del cinema italiano, su questo nessun dubbio. Ha visto molto cinema, su questo non c'è dubbio. E l'ho anche molto amato il cinema. Il suo cinema. Troppo forse.
Ancora una volta un suo film pecca pesantemene di formalismo: La sconosciuta sprofonda una sorta di onirismo hitchcokiano in una Trieste trasfigurata, un luogo di transizione in cui ritornano uomini neri provenienti dal passato e da fantasmi di colpe mai espiate. In questa immaginaria città di confine prende forma una storia che rispetta la personale poetica melodrammatica di Tornatore, questa volta presentata sotto forma di noir: Tornatore racconta, incastra, avvince, dirige gli attori come in Italia quasi più nessuno sa fare, ma cerca un'intensità e una crudezza che non riesce mai a raggiungere senza pagare un prezzo carissimo: violenza gratuita, barocchismi, forzature, realismo mancato fatto passare per onirismo, citazioni insensate, ossessioni malate raccontate come in un videoclip, musica invasiva, ritmo sempre troppo sostenuto e privo di modulazione, estetismi irritanti...
La sconosciuta è un prodotto commerciale che vuole passare per film d'autore, è un melodrama sfilacciato e patinato che si traveste da classico noir post-contempoaneo: un affresco retorico e pubbliciario, in cui niente è credibile, in cui tutto è esagerato, in cui la fotografia e la musica sono lucide, barocche, aggressive e ingestibili. Un'ulteriore conferma dell'immobilità, la pesantezza, la vecchiaia dell'attuale cinema italiano.
maria guidone
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