| palma d'oro
4 mesi 3 settimane 2 giorni
di Cristian Mungiu
Romania, 2007
Produzione Oleg Mutu e Cristian Mungiu
1h53
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Una palma d'oro meritata questa Palma rumena; soprattutto in un anno in cui i nomi in competizione erano nomi ingombranti, da detronizzare, Cannes ha fatto spazio ai giovani.
4 mesi 3 settimane 2 giorni è un grande film perché riesce a mantenere in un perfetto equilibrio finzione e realtà, estetismo e realismo, cinema e diretta (del resto, siamo in Romania): i piani sequenza si succedono, la macchina è fissa ma l'inquadratura si muove sensibilmente, come se avesse un corpo; la storia procede, in modo soffocante ma senza avvenimenti drammatici, passando per false suspence (a cosa serve il coltello della valigia? che fine fa la carta d'identità dimenticata?).
E, soprattutto, la grandezza di un film che sprofonda con miracoloso coraggio --l'eroina è coraggiosa quanto il regista-- in un tema delicato seguendone gli sviluppi e le implicazioni fino alla fine, fino a filmare il feto, consiste nel non cadere mai nel facile rischio della compassione. Mungiu dipinge in modo grandioso la ragazza che abortisce come un personaggio antipatico, irresponsabile, calcolatore, senza con questo pero' intaccare il giudizio dello spettatore su di lei. La sua figura rimane distante, misteriosa, forse negativa e tutto il carico di sentimenti dello spettatore viene riversato sulla seconda ragazza, la bionda, l'eroina: il rischio, l'ansia, la paura, la rabbia il coraggio sono spostati su di lei attraverso un meccanismo di transfert che dà essenzialità, freddezza e compostezza ad un film che invece nelle sue modalità filmiche è estremo, soffocante. Il piano sequenza della cena a casa dei genitori del fidanzato dipinge quasi il tempo reale del racconto, senza alcuna forma di sintesi, senza quasi alcun teglio.
4 mesi 3 settimane 2 giorni è un film in cui la tensione sale con il tempo, è un film che modella il tempo, dichiaratamente, fin dal titolo. Un evento accade e poi gli altri seguono. E la suspence deriva dal conto a rovescio che è partito.
maria guidone
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