Il lavoro di Crialese usa materiali noti, rimescola elementi tradizionali, ma con tale leggerezza, e imprimendo sempre un tocco di levigata originalità, che alla fine si esce con l'impressione di aver assistito a un prodotto autoriale, personale: dialetto pressoché costante, emigrazione, sbarco in America, momenti onirici vagamente felliniani, mescolanza sapiente di suoni e musica pop. Il lavoro sulla messinscena è acribico, nulla sembra casuale, e alcuni momenti sono davvero memorabili: sa calarsi nel punto di vista dei personaggi come un narratore scaltrito, crea una tensione esterni / interni psicologicamente devastante (dai paesaggi siciliani al rollio nelle stive della nave, fino a un America mai vista, tutta vissuta e rappresentata all'interno degli uffici di "accoglienza"): parte come l'Albero degli zoccoli senza idillio, o La terra trema spogliata dell'epica proletaria, finisce come Il padrino parte seconda senza riscatto, senza gangsters, senza via d'uscita, senza epica, e nel mezzo raffigura un viaggio per mare kafkiano. beppe pascale |
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