| letteratura e immaginario
Gli amori di Astrea e Céladon
di Eric Rohmer
Francia, 2007
Produzione Rezo Poductions, Compagnie Eric Rohmer, Bim Distribuzione, Alta Produccion
2h00
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La capacità di scandagliare le contraddittorie pieghe del cuore, dei rapporti umani, di superare la passione con la leggerezza, di annullare l'amor fou in ronde, è probabilmente la cifra del cinema di Rohmer, maestro del racconto breve, dei gesti descritti con punte sottili, di psicologie scandagliate con la recitazione finissima dei suoi interpreti, con dialoghi tanto serrati quanto memorabili, con inquadrature, gesti, oggetti mai casuali, ma minuti, e mai disadorni, ma elegiaci più che veramente romantici: non l'epos sentimentale e melò di Truffaut insomma, né l'intellettualismo radicale e rivoluzionario di Godard, ma un racconto che fa esplodere le contraddizioni della vita con la descrizione di eventi quotidiani, e che annulla queste contraddizioni in una esaltazione della vita e del cinema (che per un regista francese è la stessa cosa).
Ma Rohmer è stato anche sperimentatore e innovatore: preservando la sua inconfondibile cifra stilistica, ha congelato con il formato digitale la Storia ne l'Anglaise et le Duc, un algido acquerello che ha fatto esplodere le contraddizioni dell'agire umano, mettendo a nudo i limiti della nostra interpretazione degli Eventi: non più dunque, o non solo, i rapporti umani della vita quotidiana, ma appunto quelli che ineriscono alla Storia, e al nostro rapporto con il Passato.
In vena di sperimentazione, e con la serena certezza di poter fare e girare ciò che vuole, in quest'ultimo film si cimenta con una favola pastorale del seicento, trascrivendola fedelmente (a quel che si può immaginare): la sfida si fa radicale; i colori sono nuovamente algidi, manca dunque anche il compiacimento estetico della ricostruzione estetica. Il tema è quello dell'amore al suo più alto grado: sticomitie di sapore neo-platonico, inquadrature fisse, azione ridotta a pochissimi eventi (a dispetto de "le avventure" del titolo)... Ma si fa davvero fatica a resistere pienamente: a volte si ha l'impressione che Rohmer voglia ridurre lo specifico cinema per esaltare il potere della parola e del testo. Inoltre la recitazione straniante impedisce qualsiasi forma di coinvolgimento da parte dello spettatore.
Più rivoluzionario di quanto non sembri, il film manca di leggerezza, nonostante qualche spruzzata di ironia (e forse autoironia). Da gustare il memorabile finale.
beppe pascale
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