QUALE TERRORISMO?


di Emiliano Laurenzi

«Ho usato la parola Stato: va da sé a quale intendo, con ciò, alludere: - un qualsiasi branco d'animali da preda, una razza di conquistatori e di padroni che, guerrescamente organizzata e con la forza di organizzare, pianta senza esitazione i suoi terribili artigli su una popolazione forse enormemente superiore per numero, ma ancora informe, ancora errabonda. In questo modo ha inizio sulla terra lo Stato: penso che sia liquidata quella fantasticheria che lo faceva cominciare con un contratto. Colui che può comandare, che è naturalmente "signore", che si fa innanzi dispotico nell'opera e nell'atteggiamento che cosa mai ha a che fare con contratti!» - Friedrich W. Nietzsche

Scrivo questa riflessione perché da giorni, settimane, mesi, assistiamo ad uno stillicidio di allarmi, allarmismi, titoli di giornali strillati, voci ansiose di annunciatori prezzolati, immagini ripetitive, servizi giornalistici degni di un regime che hanno tutti lo stesso minimo comun denominatore: paventare in tutti i modi il risorgere di logiche eversive nel nostro paese, rinfocolare la paura delle nuove BR - una sigla ideale da spendere per fomentare la paura, ed incassare i dividendi del consenso "civile" così ottenuto.

I media continuano a riportare periodicamene gli allarmi degli apparati di sicurezza dello stato rispetto al risorgere di un'attitudine presunta eversiva, imputatabile, ad esempio, a manifestazioni come quelle dell'Aquila contro il carcere duro del 41-bis, oppure alle scritte apparse sui muti di Bologna contro Bagnasco e Marco Biagi, oltre che ad episodi giudiucati gravi, come l'incendio dell'auto del sindaco di Bologna Cofferati, e, ormai qualche mese fa, l'arresto dei presunti nuovi brigatisti.

Perché dico che tutto questo fa comodo allo stato? Perché è evidente anche agli occhi di un bambino la precisa strategia di criminalizzazione mirata che si intende operare nei confronti delle forme di conflitto sociale più radicali, accomunandole alle nuove Br per contiguità valoriale, solidarietà o complicità. In ogni caso per individuare, non importa quanto precisamente, il "brodo di coltura" delle logiche eversive e terroristiche. Non entrerò nel dettaglio della cronaca, perché per gli esperti di agenda setting, che siano dell'ansa, dei servizi segreti, del governo o delle redazioni dei grandi gruppi editoriali, è un gioco da ragazzi impostare le priorità, i temi da coprire in modo ossessivo, tale da creare il fattoide, o per lo meno da sollecitare una sensibilizzazione dell'opinione pubblica atta a creare una certa atmosfera attorno a certi temi ed a certi movimenti. Non è una teoria del complotto, ma semplicemente la constatazione che il tema del risorgere delle nuove Br e della simpatia nei loro confronti riceve un'attenzione decisamente sproporzionata rispetto ad altri temi altrettanto preoccupanti, per l'ordinamento civile e democratico del paese, guardacaso palesemente sottaciuti. Come ad esempio gli indegni amplessi economico politici con la camorra che sono dietro l'esplosione del problema dell'immondizia in Campania.

Un'evidente smagliatura in questa strategia di criminalizzazione mirata - e che sia consapevole o meno, architettata ed orchestrata o meno, poco importa perché l'effetto è sistematico e reale - è la vicenda delle minacce a Bagnasco e dei proiettili che gli erano stati recapitati. Alla comparsa delle scritte contro il prelato (che è bene ricordare essere stato il cappellano dei cappellani militari, sì, i preti che benedicono soldati ed armi, e pregano per la salvezza della patria, sempre stipendiati da noi cittadini coglioni) si era sollevata un'ondata di sdegno larga quanto tutto l'arco parlamentare contro i fantomatici minacciatori (ovviamente subito accostati agli anarchici insurrezionalisti, o a frange simpatizzanti con le nuove BR...). Il prelato aveva avuto la scorta, che probabilmente ancora tiene a simbolo e sigillo della schiavitù italiana verso la chiesa cattolica romana. A stretto giro, le indagini sulle minacce al presidente della Conferenza episcopale italiana avevano imboccato la strada della cella di Nadia Lioce, esponente di spicco delle nuove BR reclusa nel carcere di massima sicurezza dell'Aquila. Abbiamo letto sui giornali ed ascoltato alla televisione come nella cella della terrorista fosse stato trovato un foglio con scritte cifrate che avrebbe costituito la prova di come anche dal carcere tirasse le fila del ricostituendo partito armato. Insomma, anche le minacce a Bagnasco, nella strategia di criminalizzazione mediatica, facevano buon gioco.

Invece chi è risultato essere l’artefice delle minacce scritte e dell'invio di proiettili? Un ex carabiniere ingelosito di una prostituta rumena che non l'aveva più voluto incontrare e si era messa con un albanese. I due, già ricattati dal soggetto in questione, lo avevano denunciato. E lui per ripicca s'era inventato queste fantomatiche minacce scritte imitando la calligrafia della donna. Dunque dove sarebbe la trama eversiva che ha messo al centro dei suoi obiettivi Bagnasco? Dunque è criminale esprimere con una scritta il proprio dissenso, ed anche il proprio sincero disprezzo per un prelato? Cos'è, vilipesa maestà? Esiste dunque il reato d'opinione, non si può quindi dire che la chiesa benedice le guerre, ovvero non si può dire una verità storica? Eh? Che ve ne pare? Triste eh? O grottesco?

Propendo per il grottesco, perché a dispetto della realtà dei fatti e della risultanza delle indagini, quel che emerge è singolare. Rispetto al risorgere di presunte tendenze eversive, difatti, la mia idea, la mia opinione, è che in larga parte questo allarmismo sia del tutto conforme agli interessi politici attualmente condivisi sia dalla destra che dalla presunta sinistra. E questi interessi sono volti a conservare il potere prima di tutto ed a mascherare l'evidente progressiva delegittimazione che le istituzioni e la politica stanno subendo da parte di una cittadinanza stanca, delusa, scoglionata, spremuta, umiliata e presa per il culo. Fa gioco, al ceto politico, alla casta dei politicanti ed alla loro sequela di stipendiati, servi, portaborse, leccaculo e mignotte part-time, che il reale disagio del paese venga messo in secondo e possibilmente terzo piano. E che invece sia ben chiaro che in Italia la democrazia è in pericolo, perché le BR sono tornate, e fra i contestatori ce ne sono tanti di simpatizzanti, di aspiranti terroristi.

Di là dai toni grotteschi e provocatori, la campagna mediatica che in maniera puntuale ci torna a ricordare i pericoli del risorgere di logiche eversive, reali o meno che siano questi pericoli, minore o maggiore che sia la loro rilevanza, denota invece tutt'altro. Denota precisamente la rimozione, dallo spazio pubblico del dibattito e della riflessione, del tema centrale all'origine, eventualmente, anche del risorgere di logiche di lotta armata contro lo stato. Questo tema, molto banalmente, è il progressivo decadere delle condizioni di vita nel paese.

Ci sono molti aspetti di questo decadimento sociale, economico e politico. Il principale indicatore di declino socio-economico è la caduta libera del potere d'acquisto dei salari, anche quelli che un tempo erano considerati medi - in lire, personalmente, avrei percepito uno stipendio di £ 2.800.000, che tradotto oggi in € 1446 e spicci non mi permette certamente lo stesso tenore di vita... Questo ha significato erosione del risparmio, sviluppo ed ipertrofia del sistema creditizio e delle finanziarie, che hanno fatto crescere a dismisura l'indebitamento delle famiglie e non solo, innestando al spirale del finanziamento al consumo, proiettando l'indebitamento, con i mutui a cinquant'anni, verso la prossima generazione. In sostanza significa per milioni di cittadini la scomparsa della possibilità di progettare un futuro, quale che sia.

Poi c'è il tracollo, cercato, procurato, e per il quale tante intelligenze si sono adoperate in maniera perversa, di tutti i sistemi di garanzia pubblica, quelli che davano un significato al termine cittadino: la scuola, ovvero il sistema formativo uguale per tutti, garanzia di democraticità e di un'istruzione come forma di redistribuzione dei dividendi di libertà, garanzia di crescita e di sviluppo civile; il sistema previdenziale e pensionistico, ridotto a forma di contribuzione coatta finanziate dal lavoratore, in spregio ai valori di solidarietà intergenerazionale e redistribuzione della ricchezza su una fascia di popolazione il più ampia possibile.

Ed infine il collasso del sistema politico, collasso dal quale è uscita, forgiata nei processi di tangentopoli al fuoco del populismo e della voglia di forca, una classe politica dirigista, decisionista, parolaia, altisonante, dilettante, ignorante, sfacciata, inquisita, inamovibile, mafiosa, disposta a svendere qualsiasi cosa abbia solo il sapore della memoria, affetta da una retorica tanto falsa quanto tronfia. Una classe politica per cui l'unica stella nel firmamento si chiama economia. Quella fatta per loro coi nostri soldi. E se qualcuno ricorda a questi signori i vacui giochi del potere, i presenzialismi irritanti ed inefficaci, come ha fatto un ragazzo rivolgendosi al signor Amato, sceso in Sicilia per ripetere le solite parole di circostanza sulle stragi di Capaci e via d'Amelio, si sentirà rispondere, come quel ragazzo: «Tu sei un populista!». Eh?! Cornuti e mazziati, si dice a Roma.

È innegabile che il paese, in forme tra loro differenti, manifesti un disagio reale, un'inquietudine che di là da scritte, slogan e gesti violenti, intacca profondamente il sentimento civile di questo paese, per lo meno quello che ne rimane. L'unico dato reale, quello su cui però nessuno, né i presunti media democratici, liberi ed indipendenti, né lo stato attraverso le sue varie articolazioni istituzionali, né meno che meno i politici di turno, si esprimono, è proprio questo disagio. Un disagio che allo stato attuale trova solo forme di espressione controllabili. I famosi mali minori che si tollerano perché si sa che finché il disagio sociale si esprime in quei modi è condannabile, perseguibile, additabile al disprezzo. La violenza negli stadi è una di queste forme, ma finché rimane quel che è, si può tollerare. Tanto più che fa parte di un circo nazionale che muove miliardi e fa strutturalmente parte delle logiche di dominio del sistema istituzionale odierno, volto non a regolare la vita sociale e civile, bensì a controllare, reprimere, indottrinare.

Ma invece di parlare di questo oggettivo malessere, e del suppurare nel tessuto sociale del nostro paese di questioni irrisolte, di ingiustizie radicate, di ingerenze improprie, si preferisce far cadere l'attenzione sulle manifestazioni più facili da stigmatizzare. E fa gioco rievocare il pericolo del terrorismo, senza che una voce si levi a chiedersi non tanto quanto possa o non possa essere realmente pericoloso il ritorno di un'attitudine eversiva, o di un aperta insofferenza ed ostilità verso le gerarchie clericali, bensì sulle origini di questi fenomeni sociali che virano dalla violenza degli stadi (ormai indirizzata quasi esclusivamente verso le forze dell'ordine più che contro le avverse tifoserie), all'espressione delirante e dilettantesca delle nuove BR. Ma che comprende anche le centinaia di realtà locali, sociali, municipali, di movimento e d'opinione che esprimono la loro insofferenza verso uno stato oppressivo, arrogante, incompetente, inefficiente, ladro e cialtrone. Violento nel suo recidere, attraverso il dirigismo dei vari governi che si alternano alla mangiatoia, qualsiasi forma di dialettica con la popolazione che si pretende di governare impunemente e senza rendere conto a nessuno.

Credo che il rilievo dato alle notizie di questo genere, ai pericoli ed alle minacce, ed ai relativi presunti provvedimenti del Ministero degli interni, siano estremamente fuorvianti rispetto ad una reale analisi della genesi sociale, storica ed economica di questi fenomeni, del serpeggiante ritorno di logiche di stampo terroristico ed in genere dell'innalzamento del conflitto sociale sino a quella soglia oltre la quale gli apparati di sicurezza di uno stato si attivano.

E qui ho solo accennato a qualche tema relativo a questa genesi, o per lo meno alle ragioni di fondo che ne possono certamente favorire lo sviluppo, ma nessuno fra i burocrati politici e statali segnala con altrettanta preoccupazione l'indiscutibile calo della qualità della vita in Italia - siamo quelli che in Europa lavoriamo più e guadagniamo meno, il costo della vita è salito alle stelle, condurre una vita "normale" è spesso divenuto un'impresa per milioni di famiglie - che non può e non dovrebbe essere letto solo con le parole asettiche del linguaggio dell'economia o della polizia. Questo calo ha significato esclusione sociale, emarginazione, deprivazione culturale, marginalizzazione, impoverimento culturale. Il terreno ideale per il risorgere di disegni di dominio clericale - in particolare per una chiesa debole in cerca di un feudo che le offra una rendita locale, politica ma soprattutto economica - e per il proliferare di logiche mediatiche e politiche come quella che da mesi soffia sul fuoco dell'allarmismo, sbandierando lo spauracchio delle nuove BR, ma si guarda bene, pena la sua immediata delegittimazione, o la sua implosione, di porre seriamente mano ai temi che generano il disagio sociale, la frustrazione, la privazione dei diritti.

Quando uno stato debole, in un paese in crisi, sente di avere il fiato corto, di non riuscire più a garantire ormai da decenni almeno l'apparenza di un'ordinata vita civile, non appena lo si contesta, non appena si dà vita alla dinamica che concretamente e storicamente rende le società più libere ed in grado di evolversi, ovvero il conflitto sociale, reagisce come hanno sempre fatto tutti i regimi deboli: prima cerca di criminalizzare chi lo contesta, ed all'occorrenza usa la violenza come strumento di dissuasione, per terrorizzare. Tutta la strategia della tensione è stata perfettamente calibrata su questa strategia, di cui il nostro stato è uno dei maggiori artefici, nonché uno dei principali attuatori.

L'attuale campagna mediatica è solo un'opera di ammorbidimento delle coscienze. Il far balenare il ritorno di anni orribili per smorzare qualsiasi velleità conflittuale. E per accreditare l'attuale ordinamento pseudo-democratico come l'unico legittimato a governare, l'unico capace di governare il paese.

Io queste cose non le posso provare, ma memore dell'insegnamento di Pasolini, vittima oltraggiata proprio del tipo di atteggiamento descritto fin qui, desidero concludere con le sue parole: «Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi.«Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi. Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l'arbitrarietà, la follia e il mistero.»

«Nelle mani dello Stato la forza si chiama diritto, nelle mani dell’individuo si chiama delitto.» - Max Stirner