Lotta del popolo Mapuche
che contrasta l'occupazione del loro territorio
da parte del latifondo Benetton in Patagonia.


Il 14 febbraio sono giunti prima dell'alba e hanno chiesto alle forze della natura di poter interagire con loro, si sono poi costituiti in Comunità rifacendosi agli antenati che "vivevano liberi su quelle terre e che ora sono oggetti nei musei e trofei di una cultura che distrugge il diverso". I Mapuche tornano ad occupare la terra che reclamano da anni e che fa parte del latifondo dei Benetton nella Patagonia argentina. La storia di Rosa Nahuelquir e Atilio Curiñanco e della dignità di un popolo millenario.
di Gianni Tarquini

"Questa terra è nostra e non la lasceremo", dichiara il portavoce indigeno Mauro Millàn che da mercoledì 14 febbraio, insieme a un gruppo del Pueblo Naciòn Mapuche, si trova nel lotto agricolo di Santa Rosa, zona Leleque, della provincia di Chubut, a sostegno della famiglia di Rosa Nahuelquir e Atilio Curiñanco che sono tornati ad occupare la terra da cui erano stati sgomberati nel 2003 dopo che l'impresa italiana Benetton li aveva denunciati per occupazione.
Gli impresari trevigiani avevano acquistato nel 1991, dalla Compañía de Tierras del Sud Argentino S.A., 900.000 ettari di terreno a cavallo tra cinque province patagoniche (un'area simile a un rettangolo di 300 chilometri di lunghezza e 30 di altezza, poco meno della regione Marche) al prezzo, in apparenza considerevole, di 50 milioni di dollari. L'acquisto li ha trasformati in grandi proprietari, il latifondo più consistente di tutta l'Argentina come scriveva l'Espresso nel 2004, con circa 16.000 bovini da carne, 260.000 ovini, una produzione annuale di 1 milione e 300 mila chili di lana da esportazione, 80 milioni di dollari investiti in attività di diverso tipo e attività che si orientano anche verso il turismo e lo sfruttamento minerario.

Ma la terra acquistata ha, da secoli, una sua specificità essendo parte degli antichi possedimenti degli indigeni Mapuche o Araucani, la cui tenace resistenza, prima all'impero Inca e poi alla colonizzazione spagnola, ne aveva fatto l'unico popolo rimasto libero per secoli dopo la conquista dell'America e fino alla fine del XIX secolo. A sud della frontiera naturale de fiume Bio-Bio, i Mapuche, popolo della terra (Che = popolo, Mapu = terra), avevano organizzato la loro secolare difesa conservando un'economia basata sull'agricoltura, un'organizzazione sociale costruita su famiglie estese sotto la direzione di un "lonko" e di un capo militare, "toqui"(portatore d'ascia), che riuniva le diverse famiglie durante i conflitti, e mantenendo una compattezza attraverso la lingua e la religione, legata al culto degli spiriti, degli antenati e al rispetto delle forze della natura.

Attualmente i Mapuche sono circa un milione, residenti nel Cile e, 400 mila, nella Patagonia argentina; nonostante il dissolvimento della loro struttura sociale, la disgregazione e le miserevoli condizioni in cui vivono, mantengono un spirito che rivendica la loro cultura e l'autodeterminazione del loro popolo. Ad esempio, sul piano storico, si rifanno a due leggi emanate dal Governo del Cile indipendente che, nel 1823 con Ramòn Freire, riconosceva l'indipendenza dell'Araucania al di sotto il fiume Bio-Bio, mentre gli argentini rispettarono le popolazioni fino alla cosiddetta "Conquista del Deserto" di J. A. Roca iniziata nel 1878. Su tali basi considerano tutto ciò che è avvenuto in seguito come un'usurpazione senza nessun valore legale. Ed è quello il periodo storico in cui ricade la prima delle contestazioni dell'avvocato della famiglia Curiñanco: alla fine dell'Ottocento, infatti, lo stato argentino donò a dieci latifondisti inglesi le stesse terre che ora sono in mano ai Benetton; ma come poteva il Presidente di allora, José Félix Uriburu, donare delle terre di cui si era appropriato indebitamente e con l'usurpazione? Iniziano allora, nell'illegalità, secondo l'avvocato Gustavo Manuel Macayo, i certificati di proprietà che arrivano fino ad oggi, viziati, tra l'altro, per non essere stati registrati all'ufficio notarile generale del Governo, come previsto dalle leggi del tempo, e per non aver rispettato il limite massimo previsto per le donazioni di 625 ettari.